Riproponiamo con molto piacere l’articolo che Edoardo Pianezze ha scritto per noi:
“Lu su, lu mare e lu ientu”! Non ci sono sostantivi più rappresentativi del Salento, la regione più ad est della nostra penisola, quella terra fortunatamente bagnata da uno dei mari più belli, dove il sole non ti dà tregua e dove il vento taglia il viso nei giorni di maestrale.
Oltre alle bellezze paesaggistiche conosciute nel mondo, il Salento sente ancora forte la tradizione artigianale tramandata di padre in figlio, che in più settori mantiene tutt’ora attiva la produzione, guardando con interesse al futuro.
La Sartoria Colazzo di Martano, in via Guglielmo Marconi 37 ne è un chiaro esempio, grazie all’esperienza del Maestro Arcangelo, che nel lontano 1966 fondò una piccola bottega nel cuore del centro storico del suo paese, e che oggi è diventato un punto di riferimento per la scena sartoriale pugliese. I figli, Alessandro (39 anni) e Giovanni (38 anni), hanno nel loro bagaglio l’esperienza che il padre Arcangelo ha saputo trasmettergli, ma negli occhi lo sguardo attento all’innovazione che ha permesso di allargare i loro orizzonti di mercato.
La ricchezza dei particolari, la qualità dei tessuti, il taglio ricercato che contraddistinguono un abito Colazzo hanno difatti riscosso successo, e con mole di lavoro, anche al di fuori della nostra penisola: Germania e Giappone in primis.
Per me conoscerli è stato un privilegio e l’origine comune al luogo, ci ha da subito fatto entrare in ottima sintonia. Nella loro sartoria, accolto caldamente con un buon caffè, ho respirato aria di casa: un’atmosfera familiare, i loro ricordi, gli utensili da lavoro che il padre utilizzava da giovane e che orgogliosamente sono mostrati in vetrina e sparsi per tutta la bottega, la casa in cui la famiglia viveva un tempo e che oggi è diventata la fucina delle loro creazioni. La scelta dei tessuti, molti dei quali già disponibili nell’atelier, sono di primissima qualità (Scabal, Loro Piana, Fox Brothers e Huddersfield&Textiles), così come meritano di essere menzionati anche l’iconico doppiopetto con ampi revers a lancia, l’esclusiva lavorazione della manica “a mappina’’, che prende il nome – in dialetto leccese – dagli strofinacci utilizzati dai vecchi del paese (i Napoletani la riconoscono come “manica a camicia”), oppure il taglio delle tele interne, realizzate in pelo di cammello naturale e crine animale o il sotto collo della giacca che viene “punticiato’’ – in gergo leccese significa lavorato – a mano, il che potrebbe sembrare una banalità, ma regala alla giacca morbidezza e vestibilità uniche.
Per concludere, dopo un’attenta fase di misurazione, per testare la qualità della loro lavorazione, ho commissionato un abito monopetto 3 lavorato a 2 (tre bottoni di cui uno però, quello superiore, nascosto) in tessuto Solaro – su cui dedicherò un articolo prossimamente – nella sua variante in lana. Il pantalone è a vita alta con doppia pinces aperta e risvolto di 5 cm.
Credits: www.edoardopianezze.com